Che le lobby si mangino un sacco di soldi, che invece spetterebbero agli artisti, sono d'accordo. La casa discografica, o l'editore nel caso dei libri, svolge di fatto un lavoro di selezione: esamina tutte le proposte che riceve, tra cui alcune buone e altre pietose, e fa una scrematura. Questo è un lavoro, e va pagato: quindi è giusto che trattengano qualcosa. Anche perché poi, nel momento in cui qualcuno decide di fidarsi, di credere in te, e di lanciare il tuo disco, se poi il disco non vende sono cazzi suoi, è lui che ci smena (fanno eccezione i casi in cui ti offrono di pubblicare qualcosa a patto che tu ti accolli almeno una parte delle spese, cosa che andrebbe SEMPRE rifiutata), quindi è anche giusto premiare il rischio.
D'altra parte, loro su questa cosa ci speculano alla grande. La soluzione, secondo me, sta nel mezzo; la totale liberalizzazione dei P2P, a mio modo di vedere, è troppo estrema e finirebbe col ridurre cantanti e musicisti in una condizione anche peggiore. Potendo infatti scaricare legalmente e gratis il brano da un P2P, chi pagherebbe per la versione originale? Praticamente nessuno... Quindi i cantanti dovrebbero praticamente chiedere l'elemosina.
Oppure, come dice qualcuno, dovrebbero basare i propri guadagni solo sui concerti: ma siamo sicuri che questo possa bastare?